“Le ricompense e le punizioni sono la forma più bassa di educazione.”
(Chuang Tzu)

Il bastone e la carota.
Molti genitori sostengono che per educare i figli, il metodo migliore sia quello del bastone e della carota, premiare e punire.
Secondo alcuni, solo con l’amore si ottengono i migliori risultati, senza alcuna forma di violenza, per altri invece, a volte uno schiaffo è più efficace di una carezza, e si rifanno al vecchio proverbio “l’albero si raddrizza quando è piccolo”.
Ogni genitore sceglie un metodo ritenendolo giusto, altri sono alla ricerca del sistema migliore, taluni impartiscono l’educazione a loro volta ricevuta, altri sfogliano manuali del “buon genitore”, altri ancora si rifanno agli insegnamenti biblici, e alcuni ripercorrono la storia dei grandi personaggi.
Enrico IV di Francia, riteneva che la violenza sia necessaria per superare l’ostinazione o il comportamento inappropriato di un figlio, e a tal fine diceva: “Io voglio e vi ingiungo di fustigare mio figlio, il Delfino, ogni qualvolta egli sia ostinato o si comporti male, poiché so bene che al mondo non vi è per il suo caso nulla di meglio. Lo so per esperienza, avendone io stesso tratto vantaggio, poiché quando avevo la sua età anche io venni spesso frustato. Per questo io desidero che voi lo frustiate e che gli facciate capire il perché”.
La Bibbia ci insegna ad amare il nostro prossimo; l’amore è la nostra migliore “arma”, sempre; ma in un libro della Bibbia, Siracide, cap. 30 versetto 7 e seguenti c’è scritto: “Chi vezzeggia il figlio ne fascerà le ferite, ad ogni grido le sue viscere tremeranno. Un cavallo senza freno diventa ostinato, un figlio troppo libero diventa testardo. Coccola tuo figlio e ti darà brutte sorprese, gioca con lui e ti farà soffrire. Con lui non ridere, per non dover piangere e battere i denti quando è grande”.
Amore o castigo? A noi interessa sapere cosa dice la legge.
La legge certamente non può insegnare a un genitore come educare il proprio figlio, ma può vietargli, invece, l’abuso del mezzo di correzione.
L’art. 571 del c.p. punisce l’abuso dei mezzi di correzione o disciplina per finalità educative.
Non solo i genitori, ma anche gli insegnanti e in generale chiunque sia investito della cura, vigilanza o custodia di un minore, non può abusare dei mezzi di correzione, e commette reato se dal fatto deriva un pericolo di malattia nel corpo o nella mente.
In concreto cosa dice la norma? Che un genitore, non può sfornare sberle senza ragione, e se si tratta di episodi ripetuti, si incorre nel reato ben più grave di maltrattamenti ex art. 572 c.p..
Ma quindi, in concreto, quando, una sberla o una sculacciata è lecita e quando, non lo è, e pertanto, si configura reato?
La legge parla di abuso del mezzo di correzione tale da generare pericolo di malattia nel corpo e nella mente.
Un genitore ha il dovere di educare e istruire un figlio (art. 30 della Costituzione) e deve esercitare la responsabilità genitoriale (art. 316 c.c.) ma se si utilizza un mezzo di correzione violento, si travalica lo scopo educativo. Non è facile stabilire quando si oltrepassi l’uso, e il mezzo di correzione sfoci nell’abuso, certamente, bisogna valutare se lo schiaffo sia una punizione proporzionale alla trasgressione, se sia violento o abbia un valore simbolico, se sia abituale nel contesto di riferimento.
Il Tribunale di Rimini, ad esempio, ha assolto un padre dal reato in questione per aver dato due schiaffi e un calcio nel sedere alla figlia quattordicenne in giro con il fidanzato ventottenne anzichè essere a scuola; il giudice ha considerato la violenza fisica (schiaffo e calcio indolore) educativa, posto che la figlia anzichè essere a scuola, era a gironzolare; in un altro caso (Cassaz. n. 47543/15), un insegnante è stato condannato per il reato di cui stiamo discutendo per aver minacciato l’alunno di bocciatura; la minaccia costituisce una “violenza psicologica che potrebbe causare un pericolo alla salute dell’alunno”.
La Cassazione ha chiarito che “gli atti di minima valenza fisica o morale necessari per rafforzare la proibizione, non arbitraria né ingiusta, di comportamenti oggettivamente pericolosi o dannosi che rispecchiano la sottovalutazione del pericolo, la disobbedienza gratuita, oppositiva e insolente, sono legittimi” (Cass. sent. n. 42648/2007); e ancora aggiunge: un mezzo di correzione violento o arbitrario, contrasta con lo scopo educativo, perché si oppone alla dignità della persona e si contraddice con la finalità di perseguire lo sviluppo armonico della personalità (Cass. sent. n. 25790/2014).
In conclusione
Se trattasi di uno schiaffo o una sculacciata non violenti, sferrati per finalità educative e per rafforzare la proibizione, è lecito, diversamente, se violento (tale da fare sanguinare il naso o deviare il setto nasale o provocare una forte sensazione di dolore) o dato senza una valida ragione, o utilizzando altri mezzi di correzione che incidono a livello psicologico (chiudere il bimbo in una stanza al buio o legarlo mani e piedi ad una sedia ecc.) è illecito, e penalmente rilevante.
In sintesi: la legge punisce l’abuso di un mezzo che può essere considerato legittimo.
Cosa abbiamo imparato?
Che nessuno è in grado, neppure la legge, di dire a un genitore quale sia il metodo più giusto ed efficace per educare il proprio figlio.
La legge si limita a far comprendere quando un mezzo di correzione può, o meno, essere considerato lecito, e le sue conseguenze.
NOTE
- art. 571 c.p.;
- art. 572 c.p.;
- art. 30 Costituzione;
- art. 316 c.c.;
- Cass. Pen. n. 47543/15;
- Cass. Pen. n. 42648/2007;
- Cass.pen. n. 25790/14.