ATTENZIONE A COSA SCRIVERE SUI SOCIAL.

Non parlare male del tuo nemico, accontentati di pensarlo

(Publilio Siro)

Oggi la diffamazione corre in rete. Si, avete capito bene, scrivere frasi offensive sui social potrebbe costare caro: processo penale per diffamazione aggravata.

Come precisato dalla Corte di Cassazione (sentenza penale n. 2723/2017):

la divulgazione di un messaggio tramite facebook, ha, per la natura di questo mezzo, potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, che, del resto, si avvalgono del social network proprio allo scopo di instaurare e coltivare relazioni interpersonali allargate ad un gruppo di frequentatori non determinato; pertanto se il contenuto della comunicazione in siffatto modo trasmessa è di carattere denigratorio, la stessa è idonea ad integrare il delitto di diffamazione”.

Dire cornuta su facebook, ha comportato per il mittente del messaggio, un processo penale con conseguente condanna per diffamazione aggravata.

Secondo la sopra menzionata Cassazione “se l’intenzione dell’imputata fosse stata quella di informare la donna tradita, lo avrebbe fatto in ogni altro possibile modo riservato e non tramite il social network, per definizione mezzo divulgativo di informazioni verso una quantità indeterminabile di persone.

Siamo liberi di manifestare il nostro pensiero (art. 21 Costituzione) ma non di offendere la reputazione dell’altro; farlo utilizzando i social aventi la capacità di raggiungere un numero illimitato di persone, costituisce un’aggravante del reato di diffamazione (art. 595, comma 3 c.p.).

Attenzione dunque a quello che scriviamo o alla partecipazione a commenti contenenti frasi che offendano l’altrui reputazione o a condividere un post denigratorio.

E’ ovvio che affinché si configuri tale reato, bisogna capire il contesto in cui una frase venga pronunciata, il motivo e il senso che si intende dare alla parola : se ad esempio etichettiamo sui social uno come “un fuori di testa” alludendo a cose spericolate che fa, certamente non può configurarsi la diffamazione, ma se l’espressione viene utilizzata per sottolineare le problematiche mentali della persona offesa, intendendo proprio offendere l’altrui reputazione, è reato.

Dare della “mantenuta” alla moglie, ha comportato al marito una condanna per diffamazione (Cassaz. Pen. n. 522/2017),  il termine “mantenuta”, utilizzato dall’imputato nel rivolgersi all’ex coniuge, risulta offensivo della reputazione della donna, riferendosi alla nozione comunemente accettata in ambito sociale di percettrice di reddito, in assenza di qualsivoglia prestazione lavorativa, da soggetti terzi”, così come una condanna anche a una moglie che offendeva l’ex coniuge accusandolo di non contribuire al mantenimento del figlio (Trib. Torino sentenza n. 299/2020).

Da sapere

Si ricordi che affinché si possa configurare il reato di diffamazione, l’offesa alla reputazione deve essere rivolta a un soggetto determinato o determinabile, deve essere manifestata in assenza dell’offeso e alla presenza di almeno 2 persone.

Se effettuata a mezzo social, stante la potenzialità del raggiungimento di un numero illimitato di persone, costituendo un’aggravante, è punita con la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Una volta si utilizzava il megafono per divulgare notizie, oggi si usano i social, ma attenzione all’uso, perché scrivere frasi diffamatorie con la sussistenza dei presupposti che abbiamo analizzato, potrebbe costarci davvero caro.

Come in tutte le cose, prima di agire pensiamo alle possibili conseguenze.

Note

– art. 595 c.p.;

– art. 21 Costituzione;

– Cassazione Pen. n. 2723/2017;

– Cassaz. Pen. n. 522/2017;

– Trib. Torino sentenza n. 299/2020.