LICENZIAMENTO:IL DATORE DI LAVORO COME DEVE COMUNICARLO?

La disoccupazione involontaria è la peggior sorte che possa accadere a un uomo. Fai tutto quello che ti pare opportuno, ma non licenziare mai i lavoratori

Camillo Olivetti

Tanti anni fa, un uomo perbene, prima ancora che un grande imprenditore, pronunciò questa frase, e trasfuse al figlio il rispetto per il lavoratore come persona e come dipendente, anello indispensabile per un’azienda.

L’azienda per generare profitti, necessita del capitale umano, ma ormai sono lontani quei tempi in cui anche la fabbrica era una famiglia, oltre che un luogo di lavoro.

Oggi, si licenzia anche con una mail, a dimostrazione che il contatto umano è sempre più rado. Ma questa forma di licenziamento è valida per legge?

La comunicazione del licenziamento richiede per legge la forma scritta, senza la quale il licenziamento è nullo, non ha cioè alcuna validità.

E’ prassi nelle aziende la consegna a mani della lettera di licenziamento con conseguente firma per presa visione del lavoratore.

E se il lavoratore rifiuta la lettera, il licenziamento si perfeziona o no?

Giurisprudenza consolidata chiarisce che il rifiuto del lavoratore di accettare la lettera, non impedisce il perfezionarsi della comunicazione “trattandosi di un atto unilaterale recettizio che non sfugge al principio generale per cui il rifiuto della prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell’obbligato, ed alla regola della presunzione di conoscenza dell’atto desumibile dall’art. 1335 c.c.” (Cass. n. 20272/2009 e n. 12571/1999).

Anzi, come chiarito ancora dalla Suprema Corte (sentenza n. 23061/2007)” nel rapporto di lavoro subordinato è configurabile in linea di massima l’obbligo del lavoratore di ricevere comunicazioni, anche formali, sul posto di lavoro, in dipendenza del potere direttivo e disciplinare al quale egli è sottoposto” (Cass. civ., 5 giugno 2001, n. 7620) . Nel luogo di lavoro dunque, sussistendo un rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore e datore di lavoro, il rifiuto di ricevere una comunicazione ha dunque rilevanza disciplinare.

E’ altresì prassi diffusa, in ossequio alle moderne tecnologie, di comunicare il licenziamento a mezzo mail o anche whatsapp, ma tale procedura è valida? Cosa dice la legge?

L’art. 2 della legge n. 604/1966 così sancisce: “Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 e’ inefficace”.

La legge richiede per la validità del licenziamento la forma scritta, prescrive dunque la forma, ma non la modalità.

Una sentenza della Cassazione ( sent. n. 29753/2017 ) ha chiarito che “il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità (in termini: Cassazione civile, sez. lav., 05/11/2007, n. 23061).

Chiarisce dunque la Suprema Corte, che la modalità per iscritto deve considerarsi assolta anche a mezzo mail, non prescrivendo la legge specifiche modalità, ciò che bisogna accertare, è che la stessa sia stata effettivamenre ricevuta dal destinatario affinchè possa esercitare il suo diritto di difesa, nel caso di specie, l’avvenuta ricezione era stata accertatata poichè il lavoratore licenziato con comunicazione a mezzo mail con allegata la lettera di licenziamento, aveva inviato delle mail successive ai suoi colleghi con cui comunicava la cessazione del suo rapporto di lavoro.

Un’altra sentenza della Cassazione come sopra richiamata ( Cassazione civile, sez. lav., 05/11/2007, n. 23061) ha inoltre chiarito che “altro è la forma della comunicazione ed altro il mezzo di trasmissione della comunicazione. Si debbono ritenere valide, perciò, tutte quelle modalità che comportino la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità. Rientra perciò nell’ambito della trasmissione anche il recapito a mano del documento personalmente al destinatario. Nè può rilevare che materialmente la consegna non abbia luogo quando non avvenga per il rifiuto del destinatario di ricevere il documento, anche perchè l’interessato non può essere costretto a farlo. Vale perciò il principio, previsto espressamente per le comunicazioni ufficiali tramite ufficiale giudiziario (art. 140 c.p.c.), ma anche le lettere raccomandate, che il rifiuto di ricevere l’atto equivale a consegna.

Il tribunale di Catania (ordinanza 27 giugno 2017), ha ritenuto valido anche il licenziamento comunicato a mezzo whatsapp considerato che il lavoratore lo aveva tempestivamente impugnato in via stragiudiziale, il giudice ha dunque ritenuto che non essendo richieste per il datore formule sacramentali, anche tale documento informatico, il cui mittente era stato riconosciuto essere il datore di lavoro, tanto che il lavoratore lo aveva tempestivamente impugnato, è valido.

In conclusione, se il licenziamento viene comunicato con mail, o nel corpo della stessa, o come allegato, o a mezzo whatsapp, o in qualunque altra maniera purchè per iscritto, è valido, se si dimostra che il destinatario l’abbia effettivamente ricevuto e dunque sia stato garantito il suo diritto di difesa e cioè, o presentando le proprie difese, o impugnando il licenziamento entro 60 gg. dal ricevimento.

Considerato dunque quanto prescritto dalla legge, è ovvio che, se il contratto prevede l’utilizzo di un mezzo specifico per comunicare il licenziamento (a mezzo fax, raccomandata, telegramma ecc.), il datore di lavoro deve osservare tale prescrizione.

NOTE

  • art. 2 legge 604/1966;
  • Cassaz. n. 20272/2009 e n. 12571/1999;
  • Cassaz. n. 23061/2007 e n.7620 / 2001;
  • Cassaz. n. 29753/2017;
  • ordinanza Tribunale di Catania del 27 giugno 2017.