Nessuna discriminazione in materia di lavoro per orientamento sessuale.

Ogni persona è un essere umano, e come tale, non può essere diverso. La diversità è appannaggio di coloro che vivono in una mediocre, razionale e creduta normalità”.

Può una persona essere discriminata sul lavoro, o per ottenere un lavoro, per avere un orientamento sessuale diverso?

Chi è poi a stabilire il giusto o sbagliato, il normale dal diverso, non è forse un altro essere umano, un nostro simile, e con quale autorità o potere? Ognuno ha idee, moralità, convinzioni proprie, non importa se conformi o no, se condivise o meno, a noi interessa sapere cosa dice la legge in merito.

In questo articolo analizzeremo un’importante sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi in merito a una dichiarazione espressa pubblicamente (nel corso di un’intervista radiofonica), da un noto avvocato italiano, di non voler assumere o comunque avvalersi della collaborazione di omosessuali nel proprio contesto lavorativo.

Un’associazione di avvocati che difende i diritti dei LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali), ritenendo tali dichiarazioni discriminatorie, ha intrapreso un’azione legale avverso il noto avvocato, ottenendone sia in primo che in secondo grado, la condanna dello stesso, e il riconoscimento che in effetti tali dichiarazioni violano la direttiva europea e la legge di attuazione che vietano la discriminazione in materia di lavoro per orientamento sessuale.

Presentato ricorso dal noto avvocato alla Corte di Cassazione, la stessa veniva investita di un’importante questione giuridica, ovvero se possa ritenersi sussistente violazione di diritto, essendo le dichiarazioni rese dal noto avvocato non in veste di datore di lavoro, ma di comune cittadino, e pertanto avulse dal contesto lavorativo, e non essendoci in corso alcuna procedura di assunzione.

La Corte di Cassazione ha sospeso il procedimento e ha rinviato ai giudici europei sottoponendo la seguente questione pregiudizale:

Se rientri nell’ambito di applicazione della tutela antidiscriminatoria predisposta dalla direttiva [2000/78], secondo l’esatta interpretazione dei suoi articoli 2 e 3, una dichiarazione di manifestazione del pensiero contraria alla categoria delle persone omosessuali, con la quale, in un’intervista rilasciata nel corso di una trasmissione radiofonica di intrattenimento, l’intervistato abbia dichiarato che mai assumerebbe o vorrebbe avvalersi della collaborazione di dette persone

nel proprio studio professionale [di avvocati], sebbene non fosse affatto attuale né programmata dal medesimo una selezione di lavoro”.

La Corte di giustizia europea chiamata a pronunciarsi, ha chiarito che la ratio del legislatore europeo, che deve trovare applicazione in tutti gli Stati membri, è quella di garantire parità di trattamento nell’occupazione e nelle condizioni di lavoro a tutti, senza discriminazione alcuna, per un orientamento sessuale diverso. Il legislatore europeo rammenta infatti come la direttiva europea 200/78 sia stata adottata sul fondamento dell’articolo 13 Ce (divenuto a seguito di modifica, art. 19, par. 1, TFUE), che conferisce all’Unione la competenza ad adottare tutte le misure necessarie a combattere ogni discriminazione basata sull’orientamento sessuale.

Le dichiarazioni rese dal noto avvocato, secondo la Corte, sono da considerarsi discriminatorie, anche se non vi e’ in corso alcuna procedura di selezione o assunzione, in quanto limitano a priori la possibilità di accesso alle persone aventi un diverso orientamento sessuale, ed essendo altresì rese pubblicamente, possono influenzare il datore di lavoro che nell’effettuare la selezione o l’assunzione, si faccia condizionare da tali affermazioni omofobe.

Inoltre, ha chiarito la Corte, sebbene esista una libertà di espressione, tale libertà non è assoluta, e può per legge, avere delle limitazioni. Limitazioni che nel caso di specie sono previste dalla direttiva antidiscriminatoria, il cui fine è di garantire parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro e la realizzazione di un elevato livello occupazionale e di protezione sociale; la libertà di espressione deve essere limitata quando è discriminatoria e lede i diritti e le libertà altrui.

La Corte di Giustizia conclude considerando le dichiarazioni rese e per cui è stata chiamata, come discriminatorie, rimettendo al giudice nazionale la risoluzione della causa conformandosi alla decisione della Corte. Si ricorda che tale decisione vincola gli altri giudici nazionali chiamati a pronunciarsi in un caso simile.

Conclusioni

Cosa abbiamo imparato da questo caso:

Nessuna persona deve essere discriminata per la sua “diversità”.

Siamo liberi di manifestare il nostro pensiero, ma sempre nel rispetto dell’altro, del nostro simile, senza pregiudizio alcuno che possa risultare terreno facile a sfociare in qualsiasi forma di violenza sia essa fisica o verbale.

Siamo nati liberi: liberi di scegliere, di vivere, di amare, di decidere. Liberi di manifestare, ma senza creare condizioni o pregiudizi discriminatori, di eslusione e rifiuto dell’altro.

Ricordiamoci che nessun uomo può arrogarsi un diritto che non ha, quale quello di giudicare, o peggio, considerare l’altro solo dal proprio orientamento sessuale.

Ognuno deve essere lasciato libero di vivere la propria vita, senza calpestare quella degli altri.

NOTE

Sentenza 23.04.2020 Corte di Giustizia dell’Unione Europea