PAZIENTE PRONTO PER ESSERE OPERATO, MA INTERVENTO DIFFERITO PER SOPRAVVENIENZA DI UN CASO RITENUTO PIU’ GRAVE.

La malattia va affrontata sul nascere”.

(Persio)

Molto spesso sentiamo parlare di malasanità, un’espressione onnicomprensiva, che ingloba non solo un errore medico durante l’intervento chirurgico, ma anche un malfunzionamento delle apparecchiature mediche, una terapia errata, così come lunghe liste d’attesa, insomma, un vocabolo ampio per segnalare comportamenti negligenti, imprudenti, imperiti, non solo del medico, ma di tutto il personale sanitario e della relativa struttura.

Il caso che andiamo ad analizzare è particolare, riguarda un paziente ricoverato d’urgenza e pronto per essere sottoposto a intervento chirurgico, che viene invece differito per il sopraggiungere di un caso più grave.

I parenti, temendo il peggio, trasportano il familiare presso una clinica privata dove, sottoposto a operazione, tra l’altro ben riuscita, pagano una somma di denaro di oltre 18.000,00 euro.

Ritenendo di dover addebitare a Regione Lazio l’esborso, che respinge la richiesta ritenendola ingiustificata, il paziente fa causa all’ospedale pubblico per ottenere il rimborso della somma sborsata, ritenendo il nosocomio inadempiente, in quanto ha differito un intervento ritenuto urgente con conseguente trasferimento del malato e operazione presso una clinica privata.

Per l’azienda ospedaliera, essendo intercorso con il paziente un contratto di “spedalità”, vale a dire un contratto ove accanto alla prestazione principale della cura del paziente, vi sono obbligazioni secondarie quali la messa a disposizione di strumenti, personale ecc., le si poteva imputare inadempimento trattandosi di responsabilità contrattuale, che non può invece nel caso di specie sussistere, avendo dovuto dare la priorità a un caso più grave; l’ospedale sostiene inoltre, che ad aver violato il dovere di correttezza e buona fede tale da aver impedito la prestazione di cura, sia stata proprio la decisione di aver trasportato il malato altrove.

Questa la decisione della Suprema Corte:

data la natura contrattuale del rapporto con conseguente onere probatorio a carico dell’azienda ospedaliera, quest’ultima, non ha dimostrato che l’intervento fosse inevitabile differirlo, e le prove tra l’altro documentali, quali la cartella clinica, dimostravano chiaramente che sebbene il paziente non fosse in pericolo di vita, tuttavia l’intervento era urgente per evitare danni irreparabili. Alcuna inadempienza per la Cassazione da parte del paziente o meglio dei suoi congiunti, poiché il trasferimento in altro nosocomio è stato necessitato dall’inadempimento altrui e volto a evitare il peggio.

Riflessione

A volte, la fermezza e audacia di chi ci sta accanto, può salvare una vita, ma di fondo, c’è sempre da considerare l’aspetto economico che non consente ai tanti, di poter usufruire dei servizi e della celerità di una clinica privata.

Come disse qualcuno tantissimo tempo fa e ancora attuale oggi:

Ogni ospedale dovrebbe avere una targhetta all’ingresso della stanza del medico o del ricercatore: “Ci sono pazienti che non possiamo curare; non ce ne sono che non possiamo danneggiare”.
(A. L. Bloomfield)

NOTE

Ordinanza Cass. civile n. 16936/2021.