La donna uscì dalla costola dell’uomo; non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore, ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata.
William Shakespeare
Non esiste il sesso debole o inferiore, esistono i diritti, che sono uguali per tutti, senza distinzione alcuna, siamo persone, uomini e donne, e tutti apparteniamo al genere umano, è l’intelligenza a essere diversa: la capacità di trattare l’altro come se stesso, con uguale libertà e dignità, questa si, non appartiene purtroppo a tutti.
La pandemia ha forzato la convivenza durante il lockdown, facendo registrare un aumento vertiginoso delle violenze consumate in ambito domestico, e così lo scorso 20 luglio, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il provvedimento che riconosce alle donne vittime di violenza, il “reddito di libertà”, stabilendone requisiti e modalità per ottenerlo.
Si tratta di un contributo destinato alle donne sole, o con figli minori, vittime di violenza, che si trovano in condizione di “particolare vulnerabilità” o “povertà”.
Il contributo può ammontare al massimo a 400 euro mensili, somma erogata dall’Inps per 12 mensilità a seguito di domanda, con la condizione che trattasi di donne ” seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, al fine di contribuire a sostenerne l’autonomia”.
Alla domanda infatti bisogna allegare “la dichiarazione firmata dal rappresentante legale del Centro antiviolenza che ha preso in carico la stessa, che ne attesti il percorso di emancipazione ed autonomia intrapreso e la dichiarazione del servizio sociale professionale di riferimento, che ne attesti lo stato di bisogno legato alla situazione straordinaria o urgente”.
In sintesi
Può ottenere questo contributo la donna vittima di violenza, sola o con figli minori, seguita dai centri antiviolenza che attestino il percorso di fuoriuscita dalla violenza e dai servizi sociali (assistenti sociali del comune del territorio di riferimento della donna) che attestino lo stato di bisogno legato alla situazione straordinaria o urgente.
La domanda può essere presentata dall’avente diritto personalmente o tramite patronato compilando un’autocertificazione con l’allegazione della dichiarazione del centro antiviolenza e dei servizi sociali per le attestazioni di cui sopra.
Come può essere speso?
Il decreto sancisce che il reddito di libertà è finalizzato a sostenere “le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale nonche’ il percorso scolastico e formativo dei/delle figli/figlie minori”, quindi, l’avente diritto può, tra queste finalità, decidere come ripartirlo; chiarisce inoltre il decreto che non è incompatibile con altri strumenti di sostegno come il reddito di cittadinanza.
Conclusioni
Questo contributo è un segnale positivo che consente alle donne di avere una piccola indipendenza economica, si può essere vittima di violenza non solo fisica (calci, pugni, pestaggi), psichica ( frasi come: non vali niente, sei una nullità, fai schifo, ecc.), sociale (isolamento ed emarginazione, impossibilità di confrontarsi e frequentare gli altri), ma anche economica.
Una riflessione anche sul nome dato a questo contributo: “reddito di libertà”, rendere libera una donna restituendole anche l’autonomia economica per vivere e pensare con dignità al futuro, lasciandosi alle spalle un passato anche di violenza economica; la libertà deve essere totale per attuare e concretizzare le proprie scelte e la propria volontà, nessun ostacolo per la libertà, come diceva una nota scrittrice:
“Non sono un uccello; e non c’è rete che possa intrappolarmi: sono una creatura umana libera, con una libera volontà”.
Charlotte Brontë
NOTE
- Dpcm 17.12.2020,pubblicato in G.U. n. 172 del 20.07.2021.