La roba rubata fa poca durata.
Una ex coniuge asportando dalla casa coniugale taluni beni acquistati dall’ex marito prima del matrimonio è stata condannata per furto.
Cosa può spingere una ex a portare via tappeti, tavolino, tv e porta tv di proprietà dell’altro? Si potrebbe dire dispetto, non si tratta infatti di beni di chissà quale valore, o proprio a voler concedere, di valore affettivo, legato magari ai ricordi di sedersi su quel tappeto a godere in relax la tivù con qualche piccolo stuzzichino sul tavolino da assaporare o il tappeto preferito per fare pilates o altro; questa potrebbe essere la scena da immaginare, ma qualunque sia stata la motivazione dell’asporto, ha portato a processo una ex moglie con successiva condanna per furto.
La signora, condannata sia in primo che in secondo grado, ricorre in Cassazione, sostenendo dovesse nel caso di specie, trovare applicazione l’art. 627 c.p. ormai depenalizzato e cioè sottrazione di beni comuni e non furto in abitazione di cui all’art. 624 bis c.p.
L’art. 627 c.p. ormai abrogato, rubricato sottrazione di cose comuni, puniva colui che, comproprietario, socio o coerede, per procurare a sé o ad altri un profitto, si impossessava della cosa comune, sottraendola a chi la deteneva, la signora nel sostenere tale tesi, ha fatto riferimento all’art. 219 c.c. che sancisce una presunzione di proprietà comune di entrambi i coniugi in pari quote per i beni siti nella casa coniugale, salvo si sia in grado di provare il contrario.
La Cassazione, nel caso di specie, ha dichiarato inammissibile il ricorso con la tesi sostenuta dall’ex moglie, l’istruttoria infatti ha permesso di dimostrare la proprietà esclusiva dei beni asportati appartenenti all’ex marito, determinando a suo carico l’imputazione e la condanna di cui all’art. 624 bis c.p. e cioè furto in abitazione.
Attenzione dunque a portarsi via beni dell’ex, quando può dimostrare di esserne il proprietario, si rischia, come abbiamo visto, un processo penale; per chi invece è il proprietario e vuole la restituzione dei beni che sono stati usufruiti da entrambi i coniugi durante il rapporto di coniugio ma di proprietà esclusiva di uno dei due, consiglio di fare un inventario dettagliato dei beni di appartenenza, concordando tempi per accedere all’immobile e prelevare gli stessi, ovviamente con firma di restituzione dei beni e conferma da parte di entrambi di non avere nulla più a pretendere l’uno dall’altro.
Qualora uno dei due coniugi si rifiuti di consentire l’asporto di beni di proprietà dell’altro con la modalità sopra indicata, non resta che adire l’Autorità Giudiziaria non potendo, nonostante le provate ragioni, introdursi nella casa altrui o far cambiare la serratura per prelevare i beni, saremmo passibili sussistendone i presupposti, di altro reato rubricato” violazione di domicilio” (art. 614 c.p.) oppure “esercizio arbitrario delle proprie ragioni “(art. 393 c.p.) se ad esempio l’asporto avviene con ingresso nell’altrui abitazione “invito domino” e si usa violenza o minaccia per asportare i beni.
Attenzione dunque a passare dalla ragione al torto ed essere passibili di reato volendo attuare un dispetto, come dice il proverbio menzionato nell’incipit dell’articolo: “la roba rubata fa poca durata“, ma le conseguenze legali possono essere davvero pesanti.
“Non basta avere ragione: bisogna avere anche qualcuno che te la dia”.
(Giulio Andreotti)
NOTE
- Sentenza Cassazione IV Sez. Penale n. 10148/21
- ex articolo 627 c.p. (abrogato);
- art. 219 c.c.;
- art. 624 bis c.p..;
- art. 614 c.p.;
- art. 393 c.p..